La 53ª Assemblea Generale svela la crisi dell’Oea

Fidel Castro la definì “il Ministero delle Colonie degli Stati Uniti”. Ed è indubbio che dalla sua fondazione nel 1948 l’Organización de los Estados Americanos non ha fatto altro che promuovere gli interessi statunitensi. Ma in America Latina il suo peso politico è in calo e la 53ª Assemblea Generale, tenutasi a Washington a giugno, lo ha mostrato in modo chiaro. In genere alle riunioni dell’Oea partecipano i ministri degli Esteri degli Stati membri, ma quest’anno diversi governi, tra cui quelli di Argentina, Bolivia, Brasile, Colombia e Messico, hanno inviato in loro rappresentanza funzionari di livello inferiore.

Ben diversa era stata in gennaio la partecipazione a Buenos Aires al VII Vertice della Celac, la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños, che raggruppa tutti i paesi del continente tranne Usa e Canada: dodici presidenti, due vicepresidenti e undici primi ministri. L’incontro si era chiuso con l’impegno a promuovere “l’unità e la diversità politica, economica, sociale e culturale dei nostri popoli”.

Con il rilancio avvenuto proprio in occasione del suo VII Vertice, la Celac si pone come antagonista all’Oea, puntando all’integrazione degli Stati membri e alla loro emancipazione dalla tutela di Washington. Nella capitale argentina non mancava proprio nessuno: tutti i paesi latinoamericani e caraibici, compresi i fedeli alleati degli Stati Uniti, avevano mandato loro delegazioni. Di nuovo una differenza con l’Oea, da cui si sono ritirati Nicaragua e Venezuela. Per non parlare di Cuba, che venne espulsa tre anni dopo la Rivoluzione: pur riammessa nel 2009, l’isola decise di non rientrare nell’organizzazione.

Ma non è stata solo la composizione delle delegazioni alla 53ª Assemblea Generale a evidenziare la crisi attraversata dall’Oea. Molte sono state le voci critiche nel corso dell’incontro, in particolare quelle dei rappresentanti dell’Argentina e del Messico. Per quanto riguarda quest’ultimo paese, il presidente Andrés Manuel López Obrador si è più volte pronunciato per la riforma o addirittura la sostituzione dell’Oea.

Le parole più dure sono venute però dal capo della delegazione boliviana, Héctor Arce, che ha annunciato al canale statale Bolivia TV l’intenzione del suo paese di portare davanti alla giustizia il segretario generale dell’Oea, Luis Almagro, per il ruolo da lui avuto nel colpo di Stato del 2019. Quell’anno Almagro, in un rapporto sulle consultazioni presidenziali boliviane, parlò senza fondamento di irregolarità contestando la rielezione di Evo Morales. Nella crisi politica che ne seguì Morales fu costretto alle dimissioni e il suo posto fu preso dalla presidente de facto Jeanine Añez. Le proteste contro il golpe vennero represse nel sangue.

Soprattutto durante la segreteria di Almagro, l’Oea “è stata più di una volta strumentalizzata per fini oscuri, meschini e settari, per attaccare e nel caso boliviano per abbattere governi costituzionali, progressisti e rivoluzionari”, ha dichiarato Arce al quotidiano di La Paz La Razón. Il diplomatico ha accusato l’organizzazione di agire in modo diverso a seconda delle circostanze: “In alcuni casi esaspera un discorso ingiustificato contro regimi progressisti e in altri casi, dove l’intervento è necessario per gravi violazioni dei diritti umani e per attentati contro la democrazia rappresentativa, tace e si volta dall’altra parte”.

Fonte

Print Friendly, PDF & Email