La Rivoluzione marxista con il cuore cubano

Con la Rivoluzione cubana in tenera età– nel dicembre del 1961 – il quotidiano Revolución pubblicava in una copertina d’allora: «Sono  marxista leninista e lo sarò sempre». Erano parole di Fidel, e con le sue idee si sarebbero sostenute anche le basi del progetto di paese che da molto tempo prima si preparava e che vide la luce il 1º gennaio del 1959.

«(…) La sorgente straordinaria di conoscenze che il marxismo presenta, per noi  significa un vantaggio straordinario in questa lotta».

«(…) Il marxismo non è solo l’unica vera scienza della politica e della Rivoluzione, ma da quando l’uomo ha coscienza di sè stesso, è la sola vera interpretazione  del processo di sviluppo della storia umana», disse ancora il Comandante in  Capo nel giugno  del 1962.

E Fidel  inoltre avvisava sulle maniere d’avvicinarci all’opera di Marx: «Chissà, una delle cose indubbiamente più difficili da comprendere è che nessuna di queste interpretazioni dev’essere un’interpretazione da cliché,  nessuna di queste interpretazioni sono interpretazioni meccaniche  e che il marxismo non è un insieme di “piccole formule” per cercare d’applicare a forza la spiegazioni di ogni problema concreto, ma una visione dialettica dei problemi, un’ applicazione viva di questi principi, una guida e un metodo».

Il pensiero  marxista allora si fece presente nella pratica cubana di tutti i giorni, si fece parte delle basi teoriche nelle quali si  basarono le idee di personalità come il Che, con un suo sguardo contemporaneo al marxismo, che divenne latente nella sua opera filosofica e che ebbe un’espressione preziosa in “Il socialismo e l’uomo in Cuba”.

Altri, come Carlos Rafael Rodríguez aprirono  «il cammino verso successivi studi specializzati, dalla prospettiva del marxismo», ha detto una studiosa della sua opera.

Lo sguardo umanista e a lato degli umili del« Moro», come chiamavano Marx, fece entrare Martí nel  suo pensiero, tanto che in occasione della morte di Marx  sostenne : «Perché aveva preso partito per i poveri e merita il nostro onore».

«Il più grande pensatore vivente non penserà più! Il mondo sentirà presto il vuoto lasciato da questo titano! Il suo nome e la opera vivranno per secoli»,  dichiarò  nel suo addio il suo grande amico  Federico Engels, nel cimitero di Highgate.

Le idee portarono un altro cubano, il santiaghero Pablo Lafargue,  sino alla porta di Marx e lo unirono non solo nell’impegno del pensiero, perché divenne parte della sua famiglia, quando sua figlia Laura si unì in matrimonio con Lafargue.

Il pensiero di Marx è presente nella guida  di Raúl e nella visione di Nazione sovrana, indipendente, socialista, democratica, prospera e sostenibile che si costruisce.

Il Concetto del Modello Economico e Sociale Cubano di Sviluppo Socialista, approvato nel  7º Congresso del Partito, tra  principi che sostengono il nostro socialismo  afferma «il ruolo dirigente del Partido Comunista di Cuba, unico e avanguardia organizzata della nazione, martiano, marxista, leninista e fidelista, forza dirigente superiore della società e dello Stato, espressione dell’unità di tutti i cubani attorno alla direzione della loro Rivoluzione degli umili, per gli umili e con gli umili, sula base del suo prestigio, autorità morale, esemplarità e vincolo con il popolo».

Marx smontò le basi della disuguaglianza  e lo sfruttamento che sostengono il capitalismo e ci ha insegnato a capirlo e per questo la costruzione di un modello alternativo sarà senza dubbio il cammino di Cuba.

Il marxismo non è lettera morta, respira e si ossigena nel pensiero e nell’azione rivoluzionaria.

Fonte

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